Sex Education è una finestra aperta sull’adolescenza e sui sentimenti che la pervadono, cioè gli inaggirabili elementi di frontiera tra età prematura, tipica del bambino, e matura, propria della vita adulta.
Nonostante un (rombante) inizio americanizzato al massimo, dove il dito medio perennemente alzato appare come status symbol di giovani affamati solo di avventura e cambiamenti, la serie tv si dimostra presto incline a parlare un linguaggio universale, che va ben oltre i confini di una qualsiasi, banale realtà da college statunitense.
Le idee che titolo e trailer istantaneamente suggeriscono sono, per fortuna, abbastanza fuorvianti: non ci ritroviamo semplicemente di fronte a un simpatico racconto di «bruchetti» che diventano «orche assassine», ma osserviamo attraverso il mondo che gravita intorno al personaggio centrale di Otis – classico ragazzo pieno di insicurezze e lontano dalle esperienze comuni – tante storie diverse, accomunate tutte da dinamiche di relazione problematiche. E che si tratti di amore, amicizia o famiglia, non conta poi così tanto.
Perché sul modo di vivere i rapporti tra le persone, il messaggio di Sex Education, scomposto in pillole negli otto episodi dell’unica stagione andata fino ad ora in onda, è prepotentemente monotematico (non è un difetto!), e si fonda sul principale suggerimento di muoversi secondo natura, la propria. Con un grande asterisco però, pieno di accorgimenti aggiuntivi per una vita sociale più serena: fai ciò che ti senti dentro; non lasciarti vincere nelle azioni dalla paura, dalle pressioni e dalle perdite di tempo; abbandona vincolanti costruzioni mentali e cancella dalla mente architetture e pianificazioni, che possono restituire esiti negativi al corso delle azioni.
Poi c’è ancora molto, molto altro, in una cornice focalizzata prevalentemente sul mondo dei giovani, che sembra qui attraversato da potenti raggi X alla ricerca di ogni sua particolarità, anche nell’ottica di un suo intersecarsi con altre sfere del quotidiano. E paradossalmente, proprio il fatto che dentro Sex Education troviamo proprio tutto, a livello di tematiche generali ma anche sul piano della variegata caratterizzazione dei personaggi, può costituire insieme il bello e il (potenziale) brutto della serie. Però questo aspetto dipende senza dubbio dai gusti personali di chi guarda.
Di certo, con uno spirito leggero e sempre coinvolgente, capace di garantire una visione piacevole, e con uno stile pieno di brio, talvolta volutamente grottesco o spesso allineato ad altri prodotti del cinema per via di certi riferimenti abbastanza espliciti, la storia costruita intorno a Otis è ben lontana dal configurarsi come un manuale per l’azione, e tantomeno rappresenta una vera e propria “educazione”. A volte, al massimo, abbiamo tra le mani soltanto una sorta di “terapia”, per noi stessi che siamo di fronte allo schermo, perché si rivela un gran buon passatempo, che nell’enorme varietà di scene e situazioni proposte sa far ridere e sorridere, a volte riflettere, mai disperarsi.
Basterebbe già questo, ma se poi qualcuno vuole leggere più seriamente Sex Education, ad esempio come il racconto di una presa di controllo sulla propria vita oppure di un riscatto sociale, beh, alla fine è possibile fare anche questo. E se, da un lato, l’inesperto Otis non sarà mai un autentico “guru” del sesso, dall’altro, quello stesso ragazzo saprà mostrarsi in modo autentico quale un esperto, saggio maestro di vita. Un maestro anche un po’ stanco di essere rimasto a lungo nascosto in un angolo. Anche un po’ desideroso di scoprire qual è il gusto di stare, una volta tanto, più al centro della scena.